Fashion Dummy
Photographic project “Fashion Dummy” revolves around the strictly social mannequin lifestyle, who, all dressed up by callow stylists, attends at the glamorous parties of Milan city. He’s an assidouous haunter of social networks ,and he never misses to post on all the digital platforms that he has (Twitter, FB, Instagram, the blog fashiondummy.net) the campaigns of which he’s the testimonial or the evening parties where he’s present, and being the deserving substitute of an influencer, as well he has preferences when it comes to fashionable places. Life of this not much speaking mannequin is followed by more than 15.000 followers on Instagram and by several newspapers headlines (Repubblica, Rolling Stone, Vice, and many more). The Producer of the photographic project has promoted acquaitance on him also through Tinder (a famous meeting app), being curios to discover if and how italians would react to the goliardic provocation. Matches were 653 during three months, with 69 % of mans and 31% of women. The ultimate end of project, goes further the pure and simple satire of the influencers, but rather it wants to reveal the tragic moral that underpins marketing’s world: for the infernal fashion machine is absolutely indifferent who is sponsoring its products, would it be a mannequin or an human being in flash and bones, who could provide to the campaign in addiction of a statuesque body, as well an emotional and cultural contribution, which is regularly not required. Human being, so easily compared or directly replaced by a mannequin, becomes instrument, wonderfully empty and inert object,and degraded in the great potential of his creative genius. This is the manipulation that, much more of the others, moves away human being from divine, for how thewester history understood it, although those filtrate bodies pass themself out like something ultramundane. The administrator of the project tried to keep anonymity as of now, in order to vouch in a metaphysical and planning way, the sense of depersonalization, objectualization which makes concrete the entire project and its morality.
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Il progetto fotografico “Fashion Dummy” ruota intorno alla vita, rigorosamente social, di un manichino fashion blogger che, vestito di tutto punto da stylists di primo pelo, presenzia agli eventi più glamour della city milanese. Assiduo frequentatore di social networks, non manca mai di postare le campagne di cui è testimonial o le serate a cui partecipa su tutte le piattaforme di cui dispone (Twitter, FB, Instagram, il blog fashiondummy.net) e, quale degno surrogato di un influencer, anche lui ha le sue preferenze in fatto di locali. La vita di questo poco loquace manichino è seguita da oltre 15.000 followers su instragram ed ha destato l’interesse di molteplici testate giornalistiche (Repubblica, Rollin Stone, vice.com e molti altri). Il produttore del progetto fotografico ne ha promosso la conoscenza anche attraverso Tinder (famosa app per incontri), curiosi di scoprire come gli italiani avrebbero reagito alla goliardica provocazione. I match sono stati 653, di cui il 69% uomini e il 31% donne . fine ultimo del progetto fashion dummy va ben oltre la satira degli influencers e vuole, bensì, svelare, attraverso l’innovativa e straniante prospettiva di un manichino, la tragica morale che sottende al mondo del marketing: all’infernale macchina del fashion è perfettamente indifferente se a sponsorizzare i prodotti sia un manichino o un essere umano, il quale, oltre a un corpo scultoreo, potrebbe fornire alla campagna un apporto emotivo e culturale che puntualmente non viene richiesto. L’uomo, così facilmente equiparato o direttamente sostituito da un manichino, diventa strumento, oggetto inerte e splendidamente vuoto, svilito nelle potenzialità del suo genio creativo. Ne consegue che i giovani bloggers, a cui Dummy si ispira, si svelano misere e incoscienti pedine degli interessi di un mercato a cui la loro voce creativa non interessa, riducendoli alla stregua di manichini, inespressivi e muti. É presto detto che il curatore del progetto sin d’ora ha cercato di mantenere l’anonimato, al fine di garantire, in maniera meta-progettuale, il senso di spersonalizzazione, di oggettualizzazzione che sostanzia l’intero progetto e la sua morale